IL SEQUESTRO. GLI 831 GIORNI DI CARLO CELADON

Teatro Bresci racconta il più lungo sequestro di persona della storia d'Italia

Date and time

Sunday, October 6 · 6:30 - 8pm CEST

Location

Teatro Comunale "Falcone Borsellino"

44 Via Roma 35010 Limena Italy

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About this event

  • Event lasts 1 hour 30 minutes

IL SEQUESTRO

Gli 831 giorni di Carlo Celadon


drammaturgia Marco Gnaccolini

regia Anna Tringali

con Giacomo Rossetto

scene Antonio Zonta

luci Andrea Patron

videoproiezioni Luca Antonello

tecnica Francesco Barutto

produzione Teatro Bresci

coproduzione Nuova Scena / Festival Scene di Paglia



831 sono i giorni di durata del sequestro di persona più lungo della storia del nostro Paese. Un sequestro compiuto dalla ‘Ndrangheta e che ha come vittima un ragazzo veneto di diciotto anni: Carlo Celadon. Lo hanno rapito la sera del 25 gennaio 1988 dalla villa del padre, un ricco imprenditore di Arzignano, in provincia di Vicenza. Lo hanno legato con il fil di ferro e chiuso nel bagagliaio di un’ auto per diciassette ore, il tempo di percorrere più di 1300 chilometri, il tempo di arrivare in Calabria, nei boschi dell’ Aspromonte. Lo hanno liberato il 4 maggio 1990, abbandonandolo per terra, sul ciglio di una strada, con la chiara consegna di non voltarsi a guardare gli uomini che lo avevano tenuto prigioniero per più di due anni. Aveva i capelli e la barba lunga e perso oltre trenta chili. I 7 miliardi consegnati dalla famiglia e molti dei rapitori si sono dissolti nell’aria.
Dal 1969 al 1998 (durante quella che viene definita la Stagione dei Sequestri in Italia) ci furono quasi 700 rapimenti a scopo estorsivo (non politico), la metà dei quali realizzati dalla ‘Ndrangheta. 81 di questi sequestrati non fecero mai ritorno a casa. Il periodo più drammatico fu quello tra il 1970 e il 1988: solo in quegli anni la ‘Ndrangheta compie 207 sequestri per un giro d’affari di 400 miliardi di lire, all’epoca.
E i soldi dei riscatti finiscono nelle costruzioni. A Bovalino, che verrà chiamata “la capitale dei sequestri” perché lì in quattordici anni sono stati portati tredici sequestrati, c’è un quartiere chiamato Paul Getty, perché si dice che sia stato costruito con i soldi del rapimento del nipote sedicenne del petroliere americano Jean Paul Getty, che per cinque mesi fu tenuto sequestrato in Calabria e fu liberato dopo il pagamento di un miliardo e settecento milioni di lire di riscatto nel 1973. Uno dei primi sequestri attribuiti a uomini della ‘Ndrangheta fu quello di Emanuele Riboli, un diciassettenne rapito nel 1974 a Buguggiate, in provincia di Varese. Lo rapirono strappandolo dalla bicicletta su cui tornava a casa da scuola. Per due settimane venne tenuto nel baule di un’auto, rischiando quasi di impazzire. Alla fine lo ammazzarono con il veleno e il suo corpo venne dato in pasto ai maiali, nonostante la famiglia avesse pagato per il suo riscatto una prima tranche di duecento milioni di lire. Un altro sequestro che ha sconvolto il nostro Paese è stato quello di un bambino di 7 anni, Marco Fiora. Il più lungo sequestro di un bambino. Figlio di un commerciante, fu rapito il 2 marzo 1987 a Torino e rilasciato dopo 17 mesi nei pressi di Locri (Rc). I suoi rapitori non gli cambiarono mai i vestiti durante la prigionia, e lo tennero legato con una catena. Anche a lui, come a Carlo Celadon, i sequestratori fecero credere per tutto il tempo che i genitori non volessero pagare il riscatto e che si fossero dimenticati di lui. Quando lo liberarono aveva i muscoli delle gambe così deperiti da faticare a stare in piedi.
Nel 1976 le autorità dispongono per la prima volta il blocco dei beni della famiglia di un rapito, misura che diventa legge nel 1991 rendendo sempre più arduo il pagamento dei riscatti. E’ dunque il blocco dei beni e la pressione sempre più forte delle forze dell’ordine a porre fine alla cosiddetta “emergenza sequestri”.
Eppure oggi il sequestro continua ad essere uno strumento criminale potente e utilizzato nel mondo, in grado di spostare meccanismi ed equilibri politici e d economici.
Raccontare il sequestro Celadon significa ripercorrere una delle pagine più buie del nostro Paese in cui la paura ha pervaso un intero sistema sociale; significa raccontare la ‘Ndrangheta; significa raccontare la storia umana di una ragazzo appena maggiorenne che di punto in bianco è stato gettato negli inferi con crudeltà, senza saperne il perché.
831 giorni. Il sequestro più lungo d’Italia.


NOTE DI REGIA

Una delle prime foto che ritraggono Carlo Celadon dopo il rilascio, lo vede con i capelli lunghi, la barba incolta, magrissimo, nudo, con addosso solo un panno bianco.
Un Cristo.
Quello che subì Carlo Celadon fu una discesa all’inferno, o meglio, nella nostra visione, una moderna “Via Crucis”. In effetti il nostro allestimento è un continuo riferimento alla Passione di Gesù; c’è il sacrificio, il dolore, il rapporto con il Padre da cui si sente abbandonato ma al quale continuamente si riferisce. Un procedere per Stazioni durante le quali Celadon/Cristo interpretato in prima persona da Giacomo Rossetto racconta il suo presente buio e silenzioso reso terribile da aguzzini senza pietà, che apre anche a ricordi del suo passato di bambino libero e felice; e ancora il rapporto con la Madre e con l’Amore.
Carlo Celadon sospende la vita per quasi tre anni. Egli muore. Ma come Cristo il suo Sacrificio conduce alla Resurrezione.
Carlo Celadon/Gesù risorge il 4 maggio 1990, dopo 831 giorni.

Anna Tringali

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